Huffman, scrive Adam Sherwin sull’“Independent”, è l’uomo che più di ogni altro ha lavorato, negli ultimi quindici anni, per raffinare il funzionamento dei
motori di ricerca. Secondo lui, l’atto fisico dell’usare una tastiera
per compilare il campo di ricerca della pagina di Google andrà
gradualmente scomparendo. Le informazioni necessarie potrebbero essere
rese disponibili tramite «un piccolo sistema
indossabile, che potrebbe avere un piccolo schermo, e con cui si
interagirà semplicemente attraverso la nostra voce, forse con qualche
piccolo tocco, e nient’altro». Esempio: «Immagina che io possa dire al
microfono inserito nel soffitto di una stanza: “Puoi farmi vedere il
video con gli highlights della partita di ieri dei Pittsburgh Steelers
sulla Tv del salotto?”, e che questo funzioni, grazie al fatto che con
il Cloud ogni cosa è connessa». Oppure: «Potrei chiedere al mio
“assistente” di suggerirmi un ristorante francese non troppo caro.
Google dirà “ok, andremo in quel ristorante”, e prima ancora che io
salga in macchina il navigatore avrà già impostato il percorso».Che poi gli utenti di Google vogliano davvero un microfono inserito in ogni soffitto è un’altra questione, osserva Sherwin, specie dopo che la società è stata coinvolta nella crisi di fiducia generata dalle rivelazioni di Edward Snowden a proposito del programma di sorveglianza elettronica clandestino Prism operato per anni dalla National Security Agency americana. Google ha unito le proprie forze a quelle di altri giganti della tecnologia come Facebook, Apple e Yahoo!, insieme ai quali ha chiesto un cambiamento nelle norme che regolano le procedure di sorveglianza elettronica negli Usa e una messa al bando su scala internazionale della raccolta massiva di “metadati”, per aiutare a mantenere la fiducia del pubblico nella rete internet. Dopodiché, aggiunge Sherwin, «Google ritiene di poter un giorno soddisfare il bisogno di informazioni dei suoi utenti inviando i risultati delle sue ricerche direttamente a dei microchip impiantati nel loro cervello».
Primo step: «Sono state già avviate ricerche relative
alla possibilità di utilizzare simili microchip per poter aiutare persone disabili a sterzare guidando le proprie sedie a rotelle».L’attuale attuale priorità è utilizzare “Google’s Knowledge Graph”, un magazzino di informazioni in continua espansione che al momento contiene 18 miliardi di informazioni su fatti relativi a 60 milioni di soggetti, per produrre un sistema di risposta più “umano”. Le richieste di informazioni di tipo vocale sono molto più complesse di quelle fatte immettendo un paio di parole nella finestra di dialogo di un comune motore di ricerca. «Il mio team sta lavorando molto sull’idea di avere una più ricca modalità di conversare con Google», sostiene il direttore del colosso digitale, secondo cui il traguardo è ormai alla portata: tra cinque anni, «Google ti risponderà esattamente nel modo in cui lo farebbe una persona», arrivando cioè a «comprendere il contesto di una conversazione».
Fonte: http://www.libreidee.org
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