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martedì 28 gennaio 2014

La memoria cieca


 
 Nel video qui sopra, scie assolutamente anomale nel cielo d'Israele, scie persistenti che oscurano il cielo, scie circolari ... altro che aerei civili!


Qualcuno sostiene che 6 milioni di Ebrei furono uccidi dai nazisti nei lager, nel corso del secondo conflitto mondiale. La cifra appare esagerata, dal momento che la popolazione complessiva degli Ebrei in Europa in quegli anni subì persino un apprezzabile aumento. La cifra per altro non sembra sostanziata in alcun modo, e sembra solo funzionale alla creazione di un enorme senso di colpa collettivo: l'occidente soprattutto si sentì in colpa per non avere fatto abbastanza per fermare l'eccidio o per avervi collaborato direttamente. Come conseguenza l'ONU riuscì ad imporre (con un voto in cui la maggioranza non fu per niente schiacciante) la creazione dello stato di Israele laddove fino a pochi decenni prima abitavano solo arabi. Che l'olocausto sia stato sfruttato indegnamente per giustificare la creazione dello stato di Israele lo denuncia persino un ebreo, ma questo sono in pochi a saperlo.
Con questo non intendo sminuire le persecuzioni, le violenze, le torture, subite dagli ebrei a causa dei Nazisti, anche perché che fossero sei mila o sei milioni il crimine è ugualmente orrendo. Ma è noto che i polacchi storcono il naso quando si parla dei campi di concentramento sul loro suolo come "campi di sterminio degli ebrei" dal momento che moltissimi polacchi ed altri slavi vi furono internati.
Quello che non considero corretto è questo riduzionismo storico, che sembra volere limitare la tragedia dei campi di lavoro forzati ad un solo popolo, considerato la vittima per antonomasia di un trattamento inumano, quando per altro lo sterminio e l'internamento nei campi di lavoro sovietico (avvenuto in un periodo non troppo distante) portò probabilmente ad un numero di vittime molto maggiori.

Ma se fossero stato diffusa una molto minore di ebrei trucidati, avremmo avuto lo stesso la creazione della nazione israeliana?

Pochi sanno che gli USA aiutarono Hitler a costruire la sua grandiosa macchina da guerra, che aiutarono il Giappone  (alleato della Germania nazista) fornendo ad esso il petrolio per continuare la guerra (almeno per i primi due anni, dopo di che decretarono l'embargo ed innescando la reazione che portò all'assalto a Pearl Harbour).
La grande finanza è sempre stata in mano a persone di stirpe ebraica (vedi il caso della famiglia Rotschild, come conferma persino wikipedia), e la grande finanza in realtà è più potente dei governi. Tramite la costruzione della Federal Bank Reserve (circa 100 anni fa)  la grande finanza statunitense conquistò un potere enorme sugli Stati Uniti. 
Si poteva davvero realizzare una seconda guerra mondiale senza il beneplacito della grande finanza? Si può pensare che Hitler decise delle azioni violente contro gli ebrei senza che la grande finanza desse la sua approvazione? Luce d'Eramo nel suo libro autobiografico Deviazione racconta come i bambardieri alleati non colpirono mai nei loro raid sul territorio tedesco gli stabilimenti della I.G. Farben, azienda consociata con la Standard Oil di Rockefeller. Non è un caso che la I.G. Farben (anche grazie a tecnologia importata dagli USA tramite la Standard Oil) ebbe un ruolo centrale nel riarmo dell'esercito tedesco. Per approfondimenti vedi gli articoli: Gli Usa, il nazismo e la grande finanza eIG Farben, la fabbrica dei lager nazisti.

Qualcuno potrebbe inorridire di fronte all'idea che dei leader ebrei potessero essere dietro un'orrenda macchinazione che portò allo sterminio di altri ebrei. Eppure la storia insegna che i leader delle nazioni non hanno niente a che vedere con i popoli da loro governati, sempre trattati come carne da macello per inutili guerre, come schiavi da sfruttare e dissanguare per i propri tornaconti. Alla fine di ogni guerra un pezzo di terra passa da un re o tiranno, ad un altro re o tiranno. E se a qualcuno interessava costruire uno stato sionista in Palestina, il sacrificio degli Ebrei poteva essere un ottimo mezzo per rivendicarlo a mo' di risarcimento dei torti subiti. Così è stato e gli Ebrei d'Israele sono stati sfruttati e ingannati nuovamente, costretti a vivere tra popoli ostili, in un clima perenne di paura e di violenza.

Oggi come ieri il popolo ebreo, come il popolo degli Stati Uniti o qualsiasi altro popolo è avvelenato quotidianamento per mezzo delle irrorazioni perfettamente evidenti nel video in apertura di articolo.
E mentre i Palestinesi vengono trattai brutalmente dallo stato sionista, la gasazione che viene dal cielo non fa distinzione tra Arabi ed Ebrei. Come succede da tempi immemorabili, l'aguzzino che lavora (consapevolmente o inconsapevolmente) per un potere malvagio è a sua volta vittima di quello stesso potere.

Vale la pena prendere qualche soldo o un po' di potere adesso per ottenere in cambio domani un mondo devastato?

domenica 5 gennaio 2014

Brutte notizie: i complottisti hanno ragione, è provato

Oggi è di moda l’accusa di “complottismo”. D’altra parte come possiamo pensare che chi stia al potere non dica il vero? Visto che viviamo nel regno della libertà e della trasparenza, come possiamo criticare le nostre fonti informative? Come possiamo pensare che qualcosa di essenziale non ci sia stato detto? In tempi di mobilitazione strategica lo stesso fatto di pensare criticamente è di per sé eversivo. Il culmine della nostra libertà personale sembra sia accettare che i mezzi di comunicazione ci liberino dal fardello della critica. Nel marzo del 2010, Bashar al-Assad, il futuro tiranno siriano, fu decorato ufficialmente da Napolitano, il nostro Presidente della Repubblica. Per la precisione il figlio di suo padre, che all’epoca era buono, meritava il nostro elogio ed ebbe effettivamente la più alta decorazione del nostro paese. L’evento fu realmente memorabile. Assad entrava ufficialmente nel palco dei nostri migliori alleati, assieme al beneamato colonnello Gheddafi.
Napolitano con Assad nel 2010 
Il presidente siriano venne dunque insignito col più importante titolo onorifico italiano, quello di “Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran cordone al merito della Repubblica italiana”. Il titolo sanciva l’inizio di un’alleanza talmente “profonda” che sarebbe finita, di lì a pochi mesi, con l’accusa di essere a capo di uno ‘Stato canaglia’. Pochi anni prima, nel 2007, il comandante supremo delle forze Nato in Europa dal 1997 al 2000, generale Wesley Clark, aveva letteralmente sbigottito il suo uditorio in un incontro pubblico a San Francisco. Rendeva di pubblico dominio un breafing avuto poco dopo l’11 settembre 2001. Sosteneva di essere stato messo al corrente dal vice-presidente Cheney e dal ministro della Difesa Rumsfeld dell’intenzione dell’amministrazione di scatenare una serie di guerre contro Siria, Iraq, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran.

L’obiettivo era trasformare il “volto” del Medio Oriente prima di essere costretti ad accettare la sfida strategica della prossima superpotenza emergente. Il generale Clark sosteneva che, per costoro, l’esercito americano doveva servire per scatenare guerre e per far cadere governi e non per rafforzare la pace e la stabilità. La sua opinione era che un gruppo di persone avesse preso il controllo del paese con un colpo di Stato politico. Si trattava di inventarsi nemici per destabilizzare intere aree geografiche e dare così vita a nuovi scenari geopolitici. La strategia americana era sostanzialmente quella di produrre caos: seminare vento per raccogliere tempesta. Il punto chiave non è la menzogna in quanto tale. Altre volte nella storia l’alleato è diventato il nemico, l’aggressore ha vestito i panni della vittima e la menzogna ha assunto le parvenze della verità. Le bugie sono sempre esistite, ma oggi sembrano molto più credibili che in passato. Adesso, se una campagna informativa è svolta con un’adeguata potenza di fuoco, qualsiasi cosa può essere creduta vera.
Wesley Clark 
Da sempre ci vengono fornite informazioni “sicure” che non possiamo verificare; però ora lo stesso fatto di porsi in modo critico appare come un elemento di lesa maestà. In tempi teologici l’uso critico della ragione si chiamava “eresia”; oggi, invece, l’accusa è quella di “complottismo”. In un mondo in cui le cose apparentemente sembrano andare bene, chi afferma il contrario può essere solo un malato, un debole di spirito, un paranoico. Come si può criticare la bontà e la lungimiranza dell’Impero del bene? Il libro di Paolo Sensini, “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente”, è un rigoroso tentativo di andare oltre la mostruosa cortina del “politicamente corretto”. L’apparato di note del testo è assolutamente notevole e le chiavi di lettura che il testo permette sono molto variegate.

Ciò che balza subito agli occhi è il gigantesco lavoro di scavo fatto dall’autore fra i documenti a disposizione. La quantità di dati circolanti è effettivamente molto ampia nelle pubblicazioni in lingua inglese e francese (meno in italiano). La cosa è molto interessante perché anche all’interno del mainstream si trovano autentiche perle che illuminano parecchi degli eventi recenti. Troviamo le dichiarazioni pubbliche del generale Clark sulla politica estera di Bush riportate poche righe sopra; quelle del generale Fabio Mini, che afferma che la politica estera statunitense nel Mediterraneo è asservita agli interessi israeliani; troviamo chiarimenti relativi all’inquietante rapporto fra sunniti e wahhabiti – per inciso, senza il petrolio e l’aiuto statunitense, i wahhabiti sarebbero solo una setta semiereticale di beduini analfabeti che si è impadronita con la forza della Mecca; e troviamo anche molte ragioni del perché una parte dei siriani stia ancora sostenendo, malgrado tutto, Assad.
Karl Rove 
Fra tutti i documenti risalta di gran lunga la dichiarazione, sicuramente fatta a braccio, di Karl Rove, l’anima nera dell’entourage di Bush che, in un attimo di vera autenticità esistenziale, dice chiaramente: «Ora noi siamo un Impero e quando agiamo creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un’altra e poi un’altra ancora che voi potrete studiare. È così che andranno le cose. Noi facciamo la storia e a voi, a tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo». I vertici americani sanno dunque di “scrivere la storia” e non si curano affatto della verità, della giustizia e anche degli eventuali danni collaterali. Sull’argomento vi sono un’infinità di problemi aperti: dalla quantità enorme di stranezze dell’11 settembre 2001, all’influenza della lobby israeliana nelle politiche mediorientali degli Stati Uniti. La cosa interessante è che esiste, e Sensini se ne da conto, un’ampia documentazione. In tale contesto, più che l’informazione puntuale, manca la capacità di formulare i quesiti giusti e di seguire le piste più interessanti.
 
Per esempio, perché nessuno si chiede come sia possibile che l’Arabia Saudita, un paese che non permette il voto e la guida alle donne, sia riuscito a diventare, assieme a Israele, nazione che pratica l’apartheid, il difensore della democrazia e dei diritti umani nel mondo arabo? Come è stato possibile che le petromonarchie più integraliste, come gli Stati sunniti del Golfo Persico, abbiano come peggior nemico l’Iran, un altro petrostato integralista musulmano, e non Israele, il loro declamato nemico assoluto? I petrostati sciiti e sunniti non dovrebbero essere, come da teologia islamica, alleati per respingere l’influenza di americani e israeliani? Perché a sua volta Israele, apparentemente uno Stato moderno, “l’unica democrazia del Medio Oriente”, è alleato di queste monarchie medievali? E ancora: perché Assad, che certamente non è un santo, ha sempre avuto dalla sua una parte della popolazione siriana? Perché in tanti anni non è stata raggiunta nell’area neppure una limitata forma di quieto vivere? Che senso storico ha il tentativo, iniziato un decennio fa dal precedente presidente degli Stati Uniti, di cambiare il volto del Medio Oriente?

Le tesi del libro sono molte e non vorrei togliere al lettore il piacere della lettura. Tuttavia, fra tutti i capitoli, segnalo il gustoso “I precedenti storici dell’11 settembre” nella politica estera statunitense. Si tratta di un capitolo delizioso per brevità e concisione. In queste pagine l’autore mostra alcune costellazioni di eventi che hanno spinto più volte gli Stati Uniti ad agire per “autodifesa”. La trama elementare è quella di un “nemico traditore” che agisce nell’ombra per pugnalare alle spalle l’ingenuo ma coraggioso campione della democrazia; un canovaccio che si ripropone più volte nella storia americana con poche e lievi varianti. La prima guerra provocata da un nemico traditore, fu quella contro la Spagna del 1898. Essa venne dichiarata dopo l’esplosione dell’Uss Maine, una nave da guerra alla fonda nel porto dell’Avana. La colpa dell’esplosione fu attribuita d’ufficio agli spagnoli, venne impedita ogni perizia sulle cause del disastro; poco dopo il Maine fu affondato in alto mare, appena in tempo per iniziare una guerra che la Spagna non aveva alcun interesse a fare.
Colin Powell con le false prove contro Saddam 
Un altro caso molto noto fu quello del Lusitania, un transatlantico civile britannico pieno di materiale bellico (fra l’altro esplosivi ad alto potenziale che esplodono a contatto con l’acqua), che viaggiava a pieno carico di passeggeri in zone dove si sapeva battevano sommergibili tedeschi. Pearl Harbour è un altro esempio paradigmatico. Nel dicembre 1941, la marina americana venne attaccata apparentemente di sorpresa dalla flotta giapponese nelle Hawaii. All’epoca i servizi segreti statunitensi avevano decrittato il cifrario segreto giapponese e seppero con anticipo dell’imminente attacco. Il presidente Roosevelt aveva bisogno di una scusa per entrare in guerra senza problemi. Alla fine della giornata gli unici veramente sorpresi dal bombardamento furono i marinai americani usati come carne da macello. Anche gli incidenti del Golfo del Tonchino dell’agosto 1964, quelli che provocarono l’intervento in forze degli Stati Uniti in Vietnam, erano una bugia. La vicenda finì talmente male, con l’inglorioso ritiro americano di dieci anni dopo, che gli stessi diretti responsabili politici statunitensi furono costretti ad ammettere pubblicamente la loro colossale frode.

Per brevità tralascio tutta la propaganda che diede inizio alla prima e seconda guerra irachena, come la penosa vicenda delle fotografie dei cormorani incatramati, o la serie di false dichiarazioni fatte al Congresso da testimoni compiacenti istruiti per l’occasione dai servizi segreti statunitensi. Quello che a me interessa è fare notare che gli Stati Uniti sono un paese come gli altri. Il Destino Manifesto non impedisce a questo paese di fare tutte quelle brutte figure che sono così consuete nei paesi in cui abitano i comuni mortali. Certo loro producono telegiornali per tutto il mondo e questo migliora la loro immagine. Per esempio nei pacchetti informativi è implicito chi sia il buono e chi sia il cattivo, così com’è ovvio che loro, che sono buoni, stiano aiutando i buoni. Vorrei solo far notare che anch’io, pur avendo ritenuto certa l’esistenza di Babbo Natale, dopo qualche anno ho smesso di crederci.

(Alfio Neri, “Breve elogio del complottismo”, recensione del saggio “Divide et impera”, di Sensini, pubblicata da “Carmilla” il 21 dicembre 2013. Il libro: Paolo Sensini, “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente”, Mimesis, 322 pagine, 24 euro).

Fonte: http://www.libreidee.org 

giovedì 2 gennaio 2014

IL GROSSO EVENTO DEL 2014 SARA' L'IRAN

DI PEPE ESCOBAR 
 asiatimes.com   

Il Grosso Evento del 2014 sarà l'Iran . Ovvio che il grande evento dei primi anni del 21 ° secolo non cesserà mai di essere il rapporto Usa-Cina , ma è nel 2014 che sapremo se un accordo globale che trascende il programma nucleare iraniano sia raggiungibile, e in questo caso la miriade di ramificazioni interesserà tutto ciò che è in gioco nel Nuovo Grande Gioco in Eurasia , tra cui USA-Cina.



Così come stan le cose, noi abbiamo un accordo ad interim del P5 +1 ( i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU più la Germania ) con l'Iran , e nessun accordo tra gli Stati Uniti e l'Afghanistan .


Così, ancora una volta , abbiamo l'Afghanistan configurato come campo di battaglia tra l'Iran e la Casa di Saud , parte di un gioco geopolitico giocata in overdrive dopo l'invasione statunitense dell'Iraq nel 2003 lungo il bordo settentrionale del Medio Oriente fino al Khorasan e l' Asia meridionale .



Poi c'è l'elemento di paranoia saudita , estrapolando dal futuro dell'Afghanistan alla prospettiva di un pienamente " riabilitato " Iran che diventa accettato dalle élite finanziarie / politici occidentali .

Questo, per inciso, non ha nulla a che fare con quella barzelletta della "comunità internazionale " , dopo tutto l'Iran non è mai stato bandito dai BRICS , ( vale a dire Brasile , Russia, India , Cina e Sud Africa ) , o dal Movimento dei Paesi Non Allineati e dalla maggior parte del mondo in via di sviluppo .



Quei maledetti jihadisti

Ogni giocatore importante nella amministrazione di Barack Obama ha messo in guardia il presidente afgano Hamid Karzai che o lui firma un " accordo di sicurezza " bilaterale che autorizza un qualche surrogato della occupazione degli Stati Uniti o Washington  ritirerà tutte le sue truppe entro la fine del 2014.



Il burattino “Vil Coyote” Karzai cercherà di estrarre il massimo da questo accordo - come si fa nelle trattative all'ultimo sangue. Eppure , qualunque cosa accada , l'Iran manterrà se non allargherà la sua sfera di influenza in Afghanistan . Questo incrocio di Centro e Sud Asia è geopoliticamente cruciale per proiettare l'influenza iraniana, secondo solo al sud-ovest asiatico ( quello che noi chiamiamo il " Medio Oriente" ) .



Dobbiamo sicuramente aspettarci che la Casa di Saud continuerà a utilizzare ogni sporco trucco uscito dal cilindro  del  Saudita Bandar bin Sultan , soprannominato Bandar Bush, per manipolare i sunniti in tutto l'AfPak ( Afhanistan/Pakistan, neologismo americano, NdT) di , essenzialmente , impedire all'Iran di esercitare influenza .



Ma l'Iran può contare su un alleato chiave, l'India . Mentre Delhi accelera la cooperazione di sicurezza con Kabul , raggiungiamo la ciliegina sullo Hindu Kush; India, Iran e Afghanistan svilupperanno il loro ramo meridionale della Nuova Via della Seta , con una nicchia speciale per l' autostrada che collega l'Afghanistan al porto iraniano di Chabahar (Afghanistan che incontra l'Oceano Indiano ) .



Quindi, attenzione per tutti i tipi di interferenze di un'alleanza Iran- India contrapposta ad un asse saudita - pakistano. Questo asse ha sostenuto islamisti assortiti in Siria - con risultati nefasti , ma poiché il Pakistan è stato anche inghiottito nella spaventosa violenza contro gli sciiti, Islamabad non sarà troppo entusiasta di essere troppo strettamente allineata con i Sauditi in AfPak .



Washington e Teheran da parte loro avverrà che ancora una volta saranno allineati (ricordate il 2001?) in Afghanistan , e nessuno dei due  vuole jihadisti tra i piedi. Anche Islamabad - che per  tutti gli scopi pratici ha perso tutta la sua influenza con i talebani in AfPak - vorrebbe vedersi volatilizzare gli jihadisti.



Tutti questi giocatori sanno che qualsiasi numero di forze residue USA o orde di mercenari privati statunitensi non riempirà il vuoto di potere a Kabul . Il tutto è destinato a rimanere una crisi al buio, ma essenzialmente lo scenario indica che il crocevia dell'Asia centro - Sud è il secondo più grande campo di battaglia geopolitica - e settaria -  in Eurasia dopo il teatro levantino - mesopotamico .



Niente energia dal nostro vicino di casa ?


Tanto quanto l'India , pure l'Iraq è a favore di un accordo globale con l'Iran. E pensare che Iran e Iraq potrebbero essere stati impegnati in una silenziosa corsa agli armamenti nucleari, uno contro l'altro, alla fine del secolo scorso , mentre Baghdad ora difende ferocemente il diritto di Teheran di arricchire l'uranio. Senza contare che Baghdad dipende dall'Iran per il commercio, l'elettricità e  vari aiuti  materiali per la guerra senza esclusione di colpi contro gli islamisti salafiti - jihadisti .



La Turchia vede pure lei con favore un accordo globale con l'Iran. La partnership commerciale della Turchia con l'Iran non può che continuare a crescere. L'obiettivo è di 30 miliardi di dollari entro il 2015. Più di 2.500 aziende iraniane hanno investito in Turchia . Ankara non può assolutamente sostenere le sanzioni occidentali , non ha alcun senso per continuare i buoni affari . Le sanzioni vanno contro la sua politica di espansione commerciale. Inoltre, la Turchia dipende dal gas naturale a basso costo importato dall'Iran .



Dopo aver deviato follemente dalla sua precedente politica di "zero problemi con i nostri vicini" , Ankara sta svegliando alla prospettiva del business della ricostruzione siriana . L' Iraq può aiutare , attingendo alla sua ricchezza petrolifera , mentre la Turchia famelica di energia non può permettersi di essere emarginata. A Siria re- stabilizzata ciò significherà il via libera per l'oleodotto da 10 miliardi dollari Iran -Iraq - Siria. Se Ankara gioca la partita , potrebbe nascere da essa una estensione  - secondo il suo posizionamento auto-proclamato come crocevia privilegiato nel “Pipelinestan” da est a ovest .



La conclusione è che il conflitto turco - iraniano sul futuro della Siria impallidisce e scompare se confrontato con la faccenda dell'energia e del commercio fiorente. Questo indica che Ankara e Teheran ssaranno sempre più convergenti nel trovare una soluzione pacifica per la Siria .



Ma c'è un problema enorme. La conferenza di Ginevra II il 22 gennaio può rappresentare il chiodo nella bara della spinta di Casa Saud ad infliggere un cambio di regime a Bashar al Assad . Ancora una volta, questo implica che Bandar Bush è pronto ad andare in stile medievale – tirando fuori tutto l'armamentario di esecuzioni sommarie , decapitazioni, suicidi con autobombe e settarismo lungo tutto il fronte iracheno - siriano -libanese .



Almeno ci sarà un serio contraccolpo, come Sharmine Narwani delinea qui , l'ex "mezzaluna sciita " - o " asse della resistenza" - è ora in procinto di ricostituirsi come "un arco di sicurezza" contro i salafiti - jihadisti. I cervelloni del Pentagono che definirono l' " arco di instabilità "  non ci avevano mai pensato..



Gradite un missile?


Se ci fossero ancora degli adulti a Washington - non saranno esattamente una maggioranza, comunque - potrebbero avere già visualizzato i favolosi derivati ​​di un accordo con l'Iran da parte occidentale esaminando l'approvazione che ne darebbe la Cina e la possibilità di un futuro aiuto iraniano per stabilizzare l'Afghanistan .



Per la Cina, l'Iran è questione di sicurezza nazionale - essendo una fonte primaria di energia (oltre a tutte quelle affinità culturali tra una miriade di persiani e cinesi fin dai tempi della Via della Seta ) . Minacciare un paese che detiene oltre 1.000 miliardi dollari del debito americano, farebbe sì  che il  Dipartimento Sanzioni del Tesoro USA per l'acquisto di petrolio iraniano , almeno per ora se ne debba stare buono e zitto.



Quanto a Mosca , dopo che è uscita con una soluzione diplomatica dalla crisi delle armi chimiche in Siria, in cui Vladimir Putin ha niente di meno salvato l'amministrazione Obama da se' stessa , giacchè stava per immergersi in una nuova guerra mediorientale di conseguenze potenzialmente catastrofiche . Subito dopo, si è aperta per la prima breccia dal 1979 nel Muro di sfiducia USA- Iran.



Fondamentalmente , dopo che l'accordo ad interim sul nucleare iraniano è stato firmato , il ministro degli Esteri Russo Sergei Lavrov ha sferrato il colpo mortale: l'accordo annulla la necessità di un sistema di difesa missilistico della NATO in Europa Centrale - con basi d' intercettori in Romania e Polonia, destinato a diventare operativo nel 2015 e nel 2018 rispettivamente . Washington ha sempre insistito sulla balla che esso è stato progettato per contrastare"minacce missilistiche" provenienti dall'Iran.



Senza la pretesa minaccia iraniana, la giustificazione di difesa da missili balistici è insostenibile.



La vera trattativa inizia più o meno ora , nei primi mesi del 2014. Logicamente il finale entro la metà del 2014 non sarebbe più sanzioni in cambio di una stretta supervisione del programma nucleare iraniano . Eppure questo è un gioco di offuscamenti sovrapposti . Washington si vende il mito di avere sotto contollo il programma nucleare iraniano, come se fosse un piano alternativo assai migliore che  un attacco mirato ad annientare vaste aree di infrastrutture iraniane.



Nessuno lo dice, ma è facile immaginare i pesi massimi BRICS Russia e Cina casualmente informare Washington sul tipo di armi e materiali strategici che avrebbero offrire all'Iran in caso di attacco americano.



Teheran, da parte sua , vorrebbe interpretare il riavvicinamento tentativo come rinuncia da parte USA alla richiesta di cambio di regime, con il leader supremo Ayatollah Khamenei a pagare il prezzo di nuovi rapporti commerciali in cambio della fine delle sanzioni.



Supponendo che Teheran e Washington siano in grado di isolare le rispettive lobby d'opposizione interna - un compito titanico - i vantaggi sono evidenti . Teheran vuole – e ne ha urgente bisogno - investimenti nella sua industria energetica ( almeno 200 miliardi di dollari ), ed in altri settori dell'economia. Il conglomerato Occidentale dei signori del petrolio sta morendo dalla voglia di investire in Iran. L'apertura economica inevitabilmente sarà parte dell'accordo finale - e per il turbo- capitalismo occidentale, questo è un dovere , un mercato di 80 milioni di persone in gran parte istruite, con posizione geografica favolosa, e galleggianti su un mare di petrolio e gas. [ 1 ] Cosa c'è  di male a farlo?



Fabbricante di Pace o semplice imbroglione ?



Teheran sostiene Assad in gran parte per combattere il virus jihadista - incubato da sponsor ricchi in Arabia Saudita e nel Golfo . Quindi, qualunque sia l'aria che tira a Washington , non c'è possibilità di una soluzione seria per la Siria senza coinvolgere l'Iran. L'amministrazione Obama sembra ora rendersi conto che Assad sia il meno peggio tra tante quelle che tutti giudicano cattive opzioni . Chi ci avrebbe scommesso solo tre mesi fa?



L'accordo ad interim con l'Iran è la prima prova tangibile che Barack Obama sta in realtà pensando di lasciare la sua impronta in politica estera in Sud Asia / Medio Oriente. Aiuta che lo 0,00001 %di gente che gestisce lo show può aver capito che un presidente degli Stati Uniti percepito a livello mondiale come uno sciocco danzante potrebbe creare una massiccia instabilità nell'Impero e in tutte le sue satrapie .



La morale è che Obama ha bisogno di rispettare il suo compare Hassan Rouhani - che ha chiarito agli americani che deve garantire un sostegno politico continuativo da parte di Khamenei , cosa che è l'unico modo per emarginare la potente lobby religioso / ideologica di Teheran e Qom che resta contro qualsiasi accordo con l'ex " Grande Satana ". Quindi " Grande Satana " deve negoziare senza barare .



Una vecchia volpe della realpolitik (ma con cuore tenero ) direbbe che l'amministrazione Obama punta a un equilibrio di potere tra Iran , Arabia Saudita e Israele .



Una più machiavellica vecchia volpe della realpolitik sarebbe dire che questo si chiama saper  contrapporre sunniti contro sciiti , arabi contro persiani , per tenerli paralizzati .



Forse una lettura più prosaica è che gli Stati Uniti come protettore mafioso non esistono più . Per quanto tutti sono a conoscenza della potente lobby di Israele e quasi altrettanto potente lobby dei petrodollari wahhabita a Washington , non si è mai messo in discussione che né Israele né la Casa di Saud abbiano un " protettore" diverso dagli Stati Uniti .



Quindi da ora in poi, se i Sauditi vedon l'Iran come una minaccia , dovranno venirsene fuori con  una loro propria strategia . E se Israele insiste nel vedere l'Iran come una "minaccia esistenziale " -  gran fesseria - dovrà imparare a gestirselo come un problema strategico . Se ci sarà una conseguenza certa dello spostamento attuale è che Washington non combatterà guerre per amor saudita o israeliano, e questo è già un cambio di gioco monumentale .



Xi Jinping e Vladimir Putin vedono che è nel loro interesse "proteggere"  Obama il pacificatore . Eppure ognuno rimane su terreno scivoloso; Obama come pacificatore - questa volta davvero ha la possibilità di onorare il premio Nobel - può essere solo una riflessione . E Washington potrebbe sempre marciare verso un cambio di regime a Teheran quando sarà guidata dal prossimo inquilino della Casa Bianca dopo il 2016 .



Per il 2014  però, un'abbondanza di segnali indica uno spostamento tettonico nella mappa geopolitica dell'Eurasia, con l'Iran che finalmente emerge come la vera superpotenza dell' Asia del SudOvest alla faccia dei piani di Israele e della Casa di Saud . Ora sì che  ci si diverte (geo-politicamente parlando).



Pepe Escobar è l'autore di Globalistan : come il mondo globalizzato si sta dissolvendo in una guerra liquida ( Nimble Books , 2007) , Red Zone Blues : un'istantanea di Baghdad durante l'ondata ( Nimble Books , 2007) , e Obama si fa il Globalistan ( Nimble Books , 2009) .

Può essere raggiunto a pepeasia@yahoo.com .

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Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-03-231213.html
24.12.2013