Si invierebbero circa 600 soldati e l’area del porto di Gioia Tauro
sarebbe delimitata con una zona off-limits per un raggio di un km. È
quanto emerge, non ancora confermato da fonti competenti, dalla
riunione dei Sindaci calabresi a San Ferdinando per discutere
dell’emergenza-armi chimiche siriane.
Ciò comporterebbe, se vero, che l’intero centro di San Ferdinando
(4.000 abitanti) sia evacuato e ciò senza alcuna informazione preventiva
alla popolazione finora. Si profilerebbe anche, vista la cartina
geografica, un’evacuazione di gran parte di Gioia Tauro (20.000
abitanti) e forse anche di una parte di Rosarno, così come di altri
Comuni e frazioni entro un raggio di un chilometro dall’area portuale
che è particolarmente grande e molto vicina alle aree abitate.
Un nuovo elemento, dunque, che fuga ogni dubbio a chi ne avesse
sulla straordinarietà dell’operazione. Si tratta di una vera e propria
imposizione, secondo cittadini e amministratori calabresi, da parte del
governo: indicare Gioia Tauro, senza consultazione, quale porto per il
trasferimento dei materiali tossici da una nave all’altra è di per se
inammissibile in democrazia e anche nel campo del buon senso.
L’assemblea ha riunito, oltre ai Sindaci della Piana di Gioia Tauro,
rappresentanti di Provincia, associazioni, cittadini comuni,
Confindustria, e qualche parlamentare calabrese. Ed ha mostrato quella
compattezza, relativa calma e lucida determinazione degne dei momenti
gravi.
In particolare, anche la Confindustria calabrese si schiera con il
no secco, spiegando ciò che è ovvio: un’operazione del genere, aldilà
della sicurezza tutta da dimostrare e per la quale esiste il problema
dell’errore umano comunque, nuoce all’ambiente imprenditoriale
segnalando problemi ambientali gravi ai turisti che pensano di venire
nell’area.
Il Dott. Romeo, coordinatore del tavolo tecnico di tutela
ambientale, ribadisce che, aldilà della violazione delle convenzioni
internazionali che stabiliscono l’intransitabilità di armi chimiche in
qualsiasi territorio, esiste un problema nel metodo dello smaltimento
delle armi chimiche: l’elettrolisi anche in mare porterebbe a disastri
ambientali di grandi proporzioni, soprattutto nel Mediterraneo.
Dalla riunione emerge, secondo alcuni intervenuti, che l’operazione
armi chimiche in Calabria è una vera e propria violazione delle più
elementari regole di rispetto della democrazia e di informazione sui
pericoli che si possono correre. Una gaffe del governo nazionale che
esplode in Calabria, in un territorio completamente dimenticato dallo
Stato e ricordato solo per il dumping, violando anche regole
internazionali.
La Calabria fa, almeno a parole, fronte compatto: è una vera e propria rivolta istituzionale e di popolo.
Altri nuovi elementi emergono dalla riunione di oggi.
Il primo è che la stragrande maggioranza degli intervenuti dichiara
di essere contro il transito delle armi chimiche a Gioia Tauro a
prescindere da qualsiasi considerazione d’ordine economico, politico o
tecnico.
Il secondo è che il fronte del no alle armi chimiche è più compatto
e trans-partitico di quanto si pensasse alla viglia: include tutti i
colori politici e anche la Confindustria regionale.
Il terzo è che la spinta al no da parte di comuni cittadini e
associazioni è più sostanziosa di quanto si pensasse e sostenuta da
Comuni e realtà che vanno ben oltre la piana di Gioia Tauro, e che
includono i Comuni dello stretto di Messina, la Locride, la Provincia di
Reggio e altre zone della Calabria.
Il documento dell’assemblea conclude con un mandato ai Sindaci che
parteciperanno alla riunione di Roma domani, così come al presidente
della Regione Calabria, a dire un fermo no al passaggio delle armi
chimiche nell’area, anche se con solo trasbordo in mare.
Per il video integrale della riunione: http://new.livestream.com/francocufari/sanferdinando. L’accenno alla linea rossa entro un raggio di un chilometro e l’uso dei militari è a partire dal minuto 01.37.00 del video.
Fonte: linksicilia.it
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