La notte della Repubblica nata
dalla Resistenza è inizata e non se ne vedrà per lungo tempo la fine,
visto com'è ridotta la capacità di pensiero, organizzazione, opposizione
del movimento operaio italiano.
Laura Boldrini, osannata come
rappresentante di una sinistra "umanitaria" e dal volto presentabile, ha
per la prima volta nella storia utilizzato "la ghigliottina" - appunto -
ovvero quel meccanismo regolamentare che consente la chiusura "di
autorità" del dibattito alla Camera pur di evitare la decadenza del
decreto legge in discussione. C'è una certa ignobile coerenza tra la
storia della presidente della Camera, eletta "in quota Vendola", e
questo gesto che decreta la subordinazione del Parlamento - del potere
supremo in una democrazia liberale, il legislativo - al potere
esecutivo. La signora Boldrini viene infatti dal quel mondo di "Ong" e
istituzioni internazionali (Onu, per esempio) che ha coltivato e
allenato un vero e proprio "ceto politico apolide" che - rigettato
all'interno del paese di provenienza - si adatta perfettamente a fare da
terminale per gli input politici della borghesia multinazionale.
Il decreto in "discussione" era come al
solito, di questi tempi, uno zibaldone di misure spurie, riguardanti
numerose materie stralciate o corrette dalla "legge di stabilità",
l'attuale nome della finanziaria. Spiccava la norma che consente la
"rivalutazione" delle partecipazioni azionarie nella Banca d'Italia, che
non è, come comunemente si crede, un "organo dello Stato", ma una
società per azioni distribuite fra una serie di banche private.
Fin quando il pacchetto azionario era
posseduto dalle cinque "banche di interesse nazionale", si poteva
legittimamente dire che la Banca di'Italia era di fatto una parte delle
istituzioni pubbliche; particolarmente rilevante per il fatto di battere
moneta e applicare le politiche monetarie del paese.
Con "il divorzio" tra Bankitalia e
Tesoro - deciso da Andretta ormai negli anni '80 - le politiche
monetarie divennero competenza di un organo solo formalmente
"indipendente", ma cessò la possibilità per via Nazionale di partecipare
alle aste dei titoli di Stato, cosa che garantiva un prezzo sempre
abbastanza alto e quindi rendimenti - cedole per gli investitori -
relativamente basse. E che contribuiva a tenere in relativo ordine i
conti pubblici.
Si è andato da allora allargando lo
"spread" che ha portato gli interessi sul debito pubblico al vertice
delle spese effettuate annualmente dallo Stato. Spese peraltro non
"tagliabaili" perché derivante dagli andamenti "del mercato", non dalla
decisione politica.
In più, con l'eliminazione dell'Iri e
altre privatizzazioni (effettaute dal primo governo Prodi), le cinque
banche di "interesse nazionale" vennero privatizzate. Le fusioni
successive le hanno ricondotte tutte sotto l'egida di Unicredit e Banca
Intesa. La rivalutazione delle quote stabilita nel decreto porta così
7,5 miliardi "freschi" nelle principali banche italiane. Più che un
regalo, un'elargizione principesca in tempi di fame incipiente per oltre
metà della popolazione (le famiglie che vivono conmeno di 2.000 euro al
mese). L'Istituto è infatti autorizzato ad aumentare il proprio
capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5
miliardi di euro. A seguito dell'aumento, il capitale sarà rappresentato
da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna (anziché
20.000, come previsto dal testo originario; solo 6 miliardi,
evidentemente, sembravano pochi).
Le banche italiane, specie le
principali, ne avevano un disperato bisogno. Dall'inizio dell'anno è
infatti inziato il trasferimento dei compiti di "sorveglianza" da
Bankitalia alla Bce. Molte di queste banche non hanno un buon equilibrio
tra depositi e "attività rischiose", o addirittura "crediti
insegibili"; quindi questa iniezione di denaro (basterà riportare a
bilancio la quota posseduta in Bankitalia come un "attivo", con un
semplice cambiamento del valore indicato) fungerà da gerovita per
bilanci invece semidisastrati. L'Unione Europea, però, non può che
appaludire. L'eventuale dissesto, in sede di verifica dei conti, di
"banche sistemiche" come Intesa e Unicredit avrebbe conseguenze pesanti
su tutto il sistema finanziario continentale. Con riflessi negativi
anche sull'accelerazione imposta alla costruzione dello "stato unitario"
mediante trattati sempre più stringenti.
Incredibile anche la motivazione con cui
il governo Letta ha preteso che il dibattito parlamentare venisse
"ghigliottinato": se non fosse stato approvato entro la mezzanotte,
infatti, i proprietari di case - quasi l'80% delle famiglie - avrebbe
dovuto pagare la seconda rata dell'Imu cancellata dalla "legge di
stabilità". Insomma, per evitare una figura di merda a un governo di
pasticcioni che hanno trasformato la normativa fiscale sulla casa in una
giungla impenetrabile anche per gli addetti ai lavori, viene decretato
che "la discussione parlamentare" è un lusso che "il paese non si può
più permettere".
A noi sembra chiaro - senza voler essere
per forza "maligni e prevenuti" - che una motivazione così ridicola a
uno strappo istituzionale così violento, non possa che fare da
precedente - al pari del "modello Marchionne" o del "piano Electrolux" -
allo svuotamento degli assetti costituzionali repubblicani. Non
mancheranno mai, infatti, ragioni più serie per chiedere il calo della
"ghigliottina" su ogni discussione problematica per il governo. L'Unione
Europea, a questo punto, dispone del Parlamento "italicum" come di una
amministrazione provinciale. Basterà invocare i motivi di "necessità e
urgenza" e mai nessun decreto - soprattutto quelli miranti a far
rispettare gli oblighi comunitari - potrà più essere ostacolato.
La battaglia parlamentare è stata
condotta dai soli deputati "pentastellati". Ma non è possibile definire
neppure costoro "difensoti della Costituzione". Nel suo consueto post
quotidiano, infatti, il padrone assoluto del M5S - Beppe Grillo -
inneggiava al "piano Electrolux", giustificando le scelte di quella come
di altre aziende che si preparano a fare altrettanto, come una
conseguenza del "costo del lavoro" e delle tasse "troppo alte".
La "notte della Repubblica" è iniziata.
Lo Stato che abbiamo di fronte si chiama ora Unione Europea ed è
espressione diretta, senza intermediati istituzionali dotati di
legittimità democratica, del capitale multinazionale, in primo luogo
finanziario. E sarà meglio pensare a come organizzare la Resistenza
senza guardare a chi siede in un Parlamento che conta meno di una
cooperativa in liquidazione.
Ecco il video della rissa finale.
Fonte: www.contropiano.org
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